Il nome di Bill Garnett è legato ad una delle stagioni più memorabili della Fortitudo, quella del 1987-88. Quarta scelta assoluta al Draft NBA del 1982, Bill arrivò a Bologna dopo quattro anni nella NBA e dopo la sua prima esperienza italiana a Torino. Venne scelto da coach Di Vincenzo per le sue caratteristiche tecniche e per la sua concretezza, elementi che lo resero perfettamente compatibile con l’altro americano della squadra, l’estroso Wally Bryant. In quel campionato, che si concluse con la vittoria netta della A2, la conseguente promozione in A1 e, nei playoff con la clamorosa eliminazione nei famosi “derby del sorpasso”, Garnett fu un esempio di grande continuità e solidità sotto canestro e le sue cifre sono lì a dimostrarlo: 35 partite giocate, 14.6 punti a partita, 59% da due, 50% da tre, 78,2% ai liberi, 9.9 rimbalzi di media.
L’anno successivo, dopo una breve apparizione con Verona, fece ritorno negli USA e decise di concludere la propria carriera, a soli 29 anni e oggi vive in Colorado.
Silvia Cavalli lo ha intervistato per noi.
Hai avuto occasione di tornare al Paladozza per vedere la Fortitudo dopo averci giocato? O comunque, continui a seguire la Fortitudo, anche se da lontano?
Purtroppo no, ma sono rimasto in contatto con George Bucci e Giacomo Zatti, miei ex compagni di squadra nella stagione in cui ho giocato a Bologna. Non sono molto aggiornato sulle novità della Fortitudo, ma ricordo quella stagione sempre con molto piacere.
Ti hanno sempre definito come un giocatore dalla grande intelligenza cestistica sia sul campo, sia fuori dal campo. Quali pensi che siano stati i tuoi punti di forza?
Sono sempre stato un giocatore tosto, sia mentalmente che fisicamente, oltre ad essere versatile e facilmente adattabile. Ho sempre dato tutto me stesso per cui penso che i miei punti di forza siano stati dettati proprio da questo mio modo di essere. Ho sempre cercato di dare il massimo.
Cosa ti ha spinto a lasciare l’America dopo 4 stagioni giocate in NBA per venire in Italia? Si è trattato di una scelta dettata solo dall’aspetto economico o c’erano altri motivi?
Volevo vivere un’esperienza nuova e ritrovare fiducia e amore per questo sport. È stato bellissimo poter giocare in NBA: sono state stagioni indimenticabili, ma devo dire che la mia esperienza in Italia non è di certo stata da meno e ha superato anche le mie aspettative iniziali.
Una carriera iniziata a 22 anni come quarta scelta assoluta al draft NBA del 1982 e finita solo 7 anni dopo. Come hai reagito a questo ritiro precoce? Ti eri prefissato degli obiettivi che non sei riuscito a raggiungere?
La maggior parte degli atleti è costretta ad annunciare la fine della propria carriera a causa di infortuni per cui sapevo che il mio ritiro sarebbe potuto dipendere da questo aspetto. Ovviamente mi è dispiaciuto, però l’ho vissuta abbastanza tranquillamente. Certo è che nella mia carriera da giocatore sono riuscito a raggiungere tutti gli obiettivi che mi ero prefissato. Appena uscito dal liceo mi hanno offerto un contratto in Prima Divisione e posso vantare di una grande carriera al college. Avere la possibilità di giocare a livello professionistico è stato la ciliegina sulla torta. Lo sport è una storia d’amore e considerarlo come tale mi ha messo davanti alle esperienze più importanti che potessi mai fare e mi ha fatto instaurare rapporti duraturi. Niente può superare l’emozione di sentirsi parte di una squadra!
Si sono un po’ perse le tue tracce dopo il ritiro. Sei rimasto nel mondo della pallacanestro, magari come allenatore, o hai messo il punto a questo capitolo?
Ho appena compiuto 60 anni e ho passato tante ore ad allenare i miei tre figli. Adesso penso proprio che mi godrò la pallacanestro da spettatore e continuerò a seguirli nelle loro avventure. Mia figlia Abby gioca e studia all’Università dell’Ohio, mentre mia figlia Elli andrà a giocare e a studiare all’Università di Colorado del Nord. Anche mia moglie Jenny è appassionata di pallacanestro per cui credo proprio che ci divertiremo i prossimi anni.
Nella tua stagione in Fortitudo ci sono state ben 3 partite contro l’altra squadra di Bologna, di cui solo una persa in Coppa Italia e due in occasione dei playoff nei famosi derby del “sorpasso” che hanno decretato l’eliminazione della Virtus dai playoff. Chi ti ha raccontato dell’importanza di queste partite per il popolo biancoblu?
George Bucci era molto informato a riguardo ed è stato proprio lui a raccontarmi che tipo di rapporto c’era tra le due squadre e che tipo di partite sarebbero state. Diciamo che poi ho avuto modo di vedere con i miei occhi questa rivalità e si poteva percepire benissimo che tra le due non scorresse buon sangue.
Un roster forte per prendere parte alla serie A2: Albertazzi, Masetti, Zatti, Bryant, Bucci e te in primis. Cos’hai provato quando a pochi minuti dalla fine di gara 2 contro la Virtus Zatti ha schiacciato in faccia a Kyle Macy?
Wow, che partita fantastica e che vittoria! Ho ancora ben impressa nella mente quella partita e le emozioni che ha generato in tutti noi. Con quella giocata Zatti ha dato prova di essere un vero leader.
Garnett-Bryant: due dei giocatori più forti allora ed entrambi ingaggiati dalla F, ma anche due giocatori profondamente diversi di carattere. Te solido ed essenziale e lui estroso e particolare. Si dice anche che ci sia stato qualche screzio non limitato alle sole parole. Si trattava solo di un’incompatibilità di caratteri che inevitabilmente si sono scontrati o c’era una competizione anche sul campo tra di voi?
Non mi sono mai fatto mettere i piedi in testa da nessuno, ma nella vita come nello sport non è detto che le cose vadano sempre come ce le immaginiamo o come vorremmo che andassero. Wallace è sicuramente stato un guerriero sul campo e fuori dal campo e allo stesso tempo è stato un giocatore molto abile ed esperto.
Con chi hai legato di più all’interno della squadra e chi era il tuo compagno di stanza durante le trasferte? Che tipo di rapporto si è instaurato con coach Di Vincenzo? Hai avuto modo di risentirlo/rivederlo negli anni?
Negli anni sono rimasto in contatto con George e devo dire che abbiamo instaurato un buon legame di amicizia. Ricordo sempre molto volentieri coach Di Vincenzo e il rapporto molto solido che si è creato tra di noi. Meriterà sempre il mio rispetto per essere stato un allenatore competitivo ed esigente che è sempre riuscito a tirare fuori il meglio dalle squadre che ha allenato. Ha sempre fatto in modo che arrivassimo al giorno della partita pronti e nella giusta forma grazie ai suoi allenamenti duri e ai suoi schemi di gioco.
I tifosi ti hanno mai dedicato un coro? Se sì, te lo ricordi?
Sinceramente non mi ricordo, ma ho dei ricordi indimenticabili legati al Paladozza e al popolo biancoblu. Posso dire con assoluta certezza che i tifosi della Fortitudo sono i migliori!
La pallacanestro è cambiata radicalmente da quando giocavi te: far giocare insieme due giocatori come te e Bryant oggi sarebbe praticamente impossibile. Ti piace la pallacanestro odierna o preferivi quella di qualche anno fa?
Assolutamente sì, la pallacanestro e il modo di giocare stanno cambiando veramente tanto rispetto a quando giocavo io, ma devo ammettere che continuo ad amare questo gioco e tutte le emozioni che sa regalarci. Questo sport sta continuando ad evolversi a livello di tiro, di velocità e di atleticità e sta rendendo la pallacanestro sempre più meravigliosa. Mi piacciono soprattutto gli schemi che prevedono tanti passaggi di palla e in questo senso le partite dei nostri Denver Nuggets sono piuttosto divertenti da guardare.
Il 2020 è iniziato con una tragica scomparsa, quella di Kobe Bryant e della figlia Gigi. Hai avuto modo di incontrarlo di persona? Come hai reagito quando hai appreso la notizia?
Mamma mia che tragedia. Mi trovavo in aeroporto con una delle mie figlie quando abbiamo appreso la notizia. Tra l’altro mia figlia aveva partecipato a un torneo al quale era presente anche la squadra di Kobe. Temo che non supereremo mai questa perdita così sconvolgente e ci ricorderemo per sempre di tutte le persone che sono morte in quel terribile incidente.
Siamo nel bel mezzo di una pandemia dalle conseguenze disastrose. Ti saresti mai aspettato che un evento del genere avesse mai potuto fermare il mondo intero, senza distinzioni?
Certo che no, ma credo che nessuno di noi si sarebbe mai potuto immaginare una situazione del genere anche perché sta colpendo tutti noi, tutto il mondo. È una cosa veramente surreale. Non so come, ma speriamo che il tutto si risolva per il meglio e il prima possibile.